(AVN) Venezia - Si è tenuta oggi nelle Sale Monumentali della Biblioteca Marciana di Venezia,
alla presenza dell’assessore all’identità veneta Daniele Stival, la seconda
giornata del convegno internazionale dal titolo “Il veneto: tradizione, tutela,
continuità”, dedicato al tema della diffusione e salvaguardia del dialetto ed al
suo rapporto con la lingua nazionale, organizzato dalla Regione del Veneto e
dalla Commissione Nazionale dell’Unesco. “Non è un mistero – ha detto Stival –
che per noi e per la gente veneta il dialetto è una lingua, ma non solo: è una
parte fondamentale del nostro vivere quotidiano, della nostra storia e delle
nostre tradizioni, motivo per il quale, dopo questo elevato momento di confronto
tra i massimi esperti mondiali per il quale ringrazio l’Unesco, è nostra ferma
intenzione proseguire in un percorso sia culturale che amministrativo per le
legittimazione della nostra lingua. Dagli illustri interventi – ha aggiunto
Stival – è emerso un chiaro confronto tra chi è per un autonomismo spinto anche
in materia di lingua e chi no. Noi siamo per la prima tesi – ha proseguito – che
è poi quella che caratterizza il comune sentire della nostra gente, ma è anche
possibile trovare un equilibrio attraverso il quale dare uguale dignità al
centralismo dell’italiano ed all’autonomismo dei dialetti o lingue locali, come
io preferisco chiamarle”. La giornata di lavori di oggi si è particolarmente
incentrata sull’influsso avuto dal “veneto” e dal “veneziano” sulla cultura
linguistica anglosassone e specificatamente inglese. Da un’interessante
relazione del professor Ronnie Ferguson, dell’Università di St. Andrews in
Scozia, è emerso che nell’inglese gli “italianismi” sono ben distinti dai
“venezianismi”, e molti di questi si ritrovano nelle opere letterarie o teatrali
di molti autori inglesi. Ad esempio, nel Queen Anna’s New World of Words di John
Florio del 1611; nel Coryate’s Crudities di Tomas Coryate (1611) e nel
“Volpone”, commedia di Ben Jonson del 1607, compaiono numerosi vocaboli
chiaramente veneziani, a volte “inglesizzati”, a volte lasciati nella loro
versione “veneta”. Così in queste opere si trovano parole come “Artichoke”
(l’articiòco veneto, anziché il toscano carciofo); “gazette” (dal nome
dell’antica moneta veneziana da cui nacque anche “gazeta” in senso di giornale);
e ancora, “putèa”, “scoasse”, “altana”, “pantegana”, “fontego”. “Un fatto – ha
sottolineato Ferguson – sicuramente legato al prestigio della cultura veneta e
veneziana nell’Inghilterra di quel tempo”. “Un prestigio – ha concluso Stival –
che è ancora vivo e che il Veneto lavorerà per mantenere alto ed immutato, in
Veneto ed in Italia, come all’estero”.
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